Sono sorte osservazioni e… critiche alla nuova Sede della Casa di accoglienza di Baggiovara, trasferita a Cognento. “Tanto splendore di pulizia, tanta cura nell’arredamento è segno di borghesismo, non è segno di povertà evangelica!”.
Rispondo personalmente, sia perché l’osservazione mi riguarda di persona, avendo curato personalmente i restauri della casa colonica e l’arredamento, sia perché la casa di Cognento è l’affermazione di come l’Istituto deve accogliere i poveri, gli zingari, i carcerati, gli sbandati, gli irrecuperabili civili e ogni altra categoria di bisognosi, con fede, con rispetto, con signorilità.
La nostra deve essere una accoglienza di fede: senza ragionamenti, senza calcoli; il bisognoso è un dono di Dio, è mandato a noi dalla bontà della Provvidenza, per essere aiutato, non per nostra soddisfazione, ma per la Chiesa e in nome della Chiesa. Dalla Provvidenza e solo dalla Provvidenza aspettiamo, senza sottoscrizioni, senza raccolta di offerte, senza ringraziamento degli aiuti datici, aspettiamo con silenzio, con fede nella Provvidenza.
Aspettiamo i poveri e li accogliamo con rispetto. Se è vero che il povero, soprattutto il più bisognoso, rappresenta Gesù Cristo, il nostro primo sentimento di accoglienza è espresso con un grande rispetto, così come, con grande rispetto, ci comportiamo nei riguardi di Gesù realmente presente nel Tabernacolo. Con rispetto dell’ambiente: accogliente, ordinato, pulito; con rispetto e riguardo dell’arredamento: letti ordinatissimi, buoni e puliti; con rispetto di persone che sanno presentarsi con amabilità, con fraterna cordialità, con disposizione a servire il povero, secondo le sue necessità: la regola della carità è la necessità di aiuto e soccorso al bisognoso richiedente.
Accoglienza con Signorilità. Nell’esercizio della vera carità ai poveri ho avuto due preziosi e grandi maestri. Mons. Eduardo Brettoni, che mi ha imposto le mani e che, vedendomi sin dai primi mesi del mio sacerdozio circondato dai poveri a S. Rocco, lui intelligentissimo fiorentino, mi diceva: “Quando dai da pranzo ai poveri sulla tavola non debbono mancare i fiori – il povero, in quel momento deve dimenticare di essere povero!”. L’altro mio grande maestro è stata la Contessa Marianna Prampolini, che nel lontano 1937 mi preparava, a sue spese, il dormitorio di via dell’Abate, purtroppo dimenticato dall’Istituto, che preferisce nella casa di Reggio far dormire gli ospiti nei corridoi, sopra una branda, che ospitare con decoro nel dormitorio. In via dell’Abate, la grande benefattrice dei poveri, negli anni di maggio bisogno volle una casa accogliente, arredamento e biancheria decorosi.
La casa di Cognento è stata preparata con questo concetto di fede, di rispetto, di decoro, direi quasi, di amorosa signorilità.
Così riflette pienamente lo stile dell’Istituto “Servi della Chiesa”, che fa del povero, soprattutto il più dimenticato, quale lo zingaro e lo scarcerato, il soggetto della propria carità, non l’oggetto della propria ricerca di soddisfazione e di attività.
Don Dino Torreggiani