Carissimi,
come forse avrete appreso, mi sto preparando a lasciare la direzione del Centro Missionario Diocesano, per dedicarmi maggiormente, dai prossimi mesi, alle 6 parrocchie dell’Unità Pastorale “Madonna della Neve”, a Reggio, e all’Istituto dei Servi e Serve della Chiesa. In passato, a più riprese, ho fatto presente al Vescovo Adriano la crescente difficoltà di seguire le tre realtà: il Centro, le parrocchie e l’Istituto. Nell’agosto scorso, prima di partire per il Madagascar, gli ho scritto una lettera, chiedendo espressamente questo alleggerimento. Una richiesta, niente di più!… Gli sono grato per averla presa in considerazione con sollecitudine.
Qualcuno mi ha detto: “sei sprecato lì, adesso!…”. Mi è parsa quasi una bestemmia. Soprattutto se considero – ma ora la bestemmia è mia, per l’accostamento che oso fare – Gesù a Nazareth, don Mazzolari a Bozzolo, don Milani a Barbiana… “Sprecati” anche loro in quei luoghi sconosciuti, piccoli!?
In questi anni il CMD mi ha permesso di fare tante cose: viaggi, incontri, esperienze, in diverse parti del mondo. Mi sono sentito sempre ospite e amico, spesso ambasciatore e pellegrino, a volte un po’ straniero e “vagabondo”, altre volte, poche per la verità, perfino lontano ed estraneo: alla mia terra, alla mia gente, alla mia famiglia… Uno dei miei fratelli, a gennaio, si è tolto la vita. Per anni ho raccolto le sue confidenze, ma alla fine non ho colto la sua angoscia. E altri drammi potrei conoscere, rischiando di ignorarli, perché preso da troppe cose.
Al CMD, nel giugno scorso, abbiamo fatto stampare una bella cartolina con il messaggio “vivi con calma”, scritto in varie lingue, tra cui il cinese, l’arabo e il dialetto reggiano. La richiesta di alleggerimento fatta al Vescovo ha per me anche questo significato di coerenza: limitare il raggio di azione diretta a beneficio della qualità della vita, delle relazioni e del pensiero.
Ciò non mi impedirà di raggiungere amici lontani, grandi e piccoli, sani e malati, come ho imparato a fare in questi anni. Lo farò diversamente da prima, in altre forme, magari attraverso altre persone, come, in fondo, ho iniziato a fare da tempo, grazie a Dio e agli stessi amici.
Kahlil Gibran scrive: “Se vuoi essere vicino a Dio, stai vicino alla gente”. Ho cercato di farlo ovunque. Ora continuerò, riducendo la mobilità a vantaggio della profondità. Ho fatto questa esperienza, da giovane, nei 4 anni di ginnasio e liceo a Migiana (PG), nei primi 7 anni di sacerdozio alla Magliana (Roma), poi, in Madagascar, nei 2 anni da parroco a Sandrandahy e nei 9 successivi come rettore in Seminario a Vahitsoa…
Un po’ più fermo, un po’ più calmo, un po’ di più con una comunità circoscritta, in parrocchia, un po’ di più con il Signore, nella preghiera.
Faccio parte di un Istituto, i Servi della Chiesa, che ha tra i suoi connotati essenziali la piccolezza, la povertà, la quotidianità, quella della gente semplice, normale. È una grazia che mi ha segnato e a cui tengo molto. Anche per questo ho chiesto di potermi dedicare maggiormente alla vita dell’Istituto, che in questi anni ho di fatto piuttosto trascurato.
Comunque, se a volte ho assunto incarichi di rilievo, contando sull’aiuto di Dio e sulla preziosa collaborazione di amici, fratelli e sorelle, traendone grande beneficio, debbo confessare che ho anche sempre pensato alla cosa come temporanea, mai definitiva, quasi stagionale: sono figlio di contadini e i ritmi delle stagioni e della natura me li sento scorrere dentro, come imperativi primordiali.
Quante volte nel corso degli anni, fin da ragazzo, ho pensato a Cincinnato! Ho sempre ammirato questo contadino dell’antica Roma pagana, incaricato di guidare la città in tempi particolari. Al termine della missione rifiutò la carica di senatore, preferendo tornare ai suoi campi, alla semplice vita quotidiana… Cincinnato a parte, se c’è un tempo per ogni cosa, credo sia venuto per me il tempo di rallentare, di vivere con più calma e interiorità.
Ecco, amici, vi ho confidato un po’ di cose… Ve le affido, come sempre, senza pretese, con fiducia, per amicizia e per una preghiera.
don Emanuele