La missione

Il carisma dell’Istituto e, dunque, la sua missione, possono essere così riassunti:

Consacrazione secolare

“I Servi della Chiesa, tanto laici che ministri ordinati, rimangono inseriti nel loro contesto sociale ed ecclesiale, in modo da poter operare dall’interno di esso quale fermento di vita evangelica” (Costituzioni, art. 4).
Si tratta di una vera consacrazione attraverso i voti di povertà, castità ed obbedienza, vissuti in un contesto “secolare”, cioè nel mondo, per il mondo, operando dal di dentro di esso, nella quotidianità della storia umana, condividendo la vita di tutti, evitando privilegi ed esenzioni.

Piena comunione con il Vescovo nella Chiesa particolare

La comunione con il Papa e i Vescovi, espressa in “una obbedienza semplice e generosa… dovrà qualificare sempre l’atteggiamento dei Servi della Chiesa” (art. 7).
Lungi dall’essere passiva, tale obbedienza “sarà sollecita nel formulare proposte e prendere iniziative, soprattutto nel senso di una scelta preferenziale per i più poveri” (art. 24).
Il rapporto dei Servi con il proprio Vescovo, in particolare, non si riduce alla semplice comunione pastorale ed apostolica, ma li porta a riconoscere nel suo ministero la fonte sorgiva della loro consacrazione e la paternità stessa della loro vocazione e missione nella Chiesa.

Don Dino a fianco di mons. Edoardo Brettoni, il Vescovo che lo consacrò sacerdote

Don Dino a fianco di mons. Edoardo Brettoni, il Vescovo che lo consacrò sacerdote

Scelta preferenziale per gli ultimi

Lo spirito di questa “preferenza apostolica” è espresso in “un impegno di povertà rigorosa, quale immedesimazione nei più poveri e fonte di grazia per la loro salvezza” (art. 6), conformemente alle esigenze del Vangelo riproposte dal Concilio, perché il Regno di Dio sia annunciato ad ogni creatura. Per questo i Servi e le Serve della Chiesa avranno particolare cura nel ricercare e nell’accogliere i più dimenticati e i lontani, condividendo con loro la Parola di Dio, l’Eucaristia, la casa e la mensa, “facendo con loro un cammino di liberazione e di salvezza” (art. 40).

L'ingresso dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Reggio Emilia

L'ingresso dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Reggio Emilia

Luciano Lanzoni, servo della Chiesa, in Madagascar dal 1990

Luciano Lanzoni, servo della Chiesa, in Madagascar dal 1990, impegnato tuttora nel progetto: "Alzati e cammina"

Al servizio della Chiesa

“Il loro servizio si dirige alla Chiesa, popolo di Dio e Corpo di Cristo, di cui ogni persona almeno potenzialmente fa parte” (art. 3).
Fedeli nell’obbedienza ai Vescovi e nella scelta preferenziale dei più poveri e abbandonati, i Servi e le Serve si dedicano con “particolare attenzione e disponibilità al servizio interno della comunità ecclesiale, pronti anche ad eventuali chiamate ai ministeri, per i diversi servizi della comunità stessa” (art. 39), nel campo educativo, liturgico, caritativo, sociale. Perciò:

  • i consacrati laici: vivono restando “nel mondo”, secondo una varietà di impegni liberamente scelti che possono andare dall’esercizio della professione al coinvolgimento nella Chiesa locale, dall’inserimento in servizi sociali per i più disagiati alla disponibilità per incarichi o ministeri nell’ambito del culto, della evangelizzazione, della carità (cfr. art. 40), anche in paesi lontani;
  • i presbiteri e i diaconi: vivono restando pienamente inseriti, anche con la forma giuridica dell’incardinazione, nella Chiesa particolare, in piena comunione con il loro Vescovo, cui sono legati dal voto di obbedienza, oltre che per il ministero che svolgono. Eccezionalmente, e sempre con l’approvazione del loro Vescovo, i “Servi della Chiesa”, presbiteri e diaconi, possono essere chiamati dall’Istituto a servizi specifici extra-diocesani o a servizi interni all’Istituto stesso (cfr. art. 40 e 25);
  • gli sposi: vivono la loro vita coniugale e familiare, professionale, sociale ed ecclesiale, seguendo uno stile di vita povero, sobrio, solidale; attenti alle sofferenze dell’uomo concreto e ai problemi dell’intera famiglia umana, saranno accoglienti e disponibili verso tutti, i vicini e i lontani.
Don Dino in Madagascar a fianco del Vescovo Gilberto Baroni nel gennaio 1970

Don Dino in Madagascar a fianco del Vescovo Gilberto Baroni nel gennaio 1970

Approfondimenti

Vescovo e Istituto

La triplice obbedienza al Vescovo, ai Responsabili dell’Istituto e alle Costituzioni, in particolare per quanto riguarda la scelta preferenziale per i più poveri, viene vissuta alla luce della seguente distinzione: i sacerdoti e i diaconi per tutto ciò che concerne il ministero (destinazione, direttive pastorali, incarichi) dipendono dal Vescovo; per quanto riguarda invece la consacrazione, la formazione e lo stile particolare, lo “spirito da Servi della Chiesa”, fanno riferimento alle Costituzioni e ai Responsabili dell’Istituto. All’interno di queste due linee direttive, essendo ogni persona non divisibile in compartimenti separati, una particolare importanza viene riconosciuta al dialogo leale, alla riflessione ponderata e al confronto sereno tra i diversi interlocutori (Vescovo, Servo della Chiesa e Responsabili dell’Istituto).
Per i laici, normalmente autonomi nella scelta della residenza e della professione, il problema di eventuali spostamenti richiesti dall’Istituto è di più facile soluzione, in quanto essi non hanno vincoli di incardinazione in una Chiesa particolare; certe forme attuali di servizio all’interno delle comunità locali attraverso ministeri istituiti o “di fatto”, possono comunque porre alcuni di loro in situazioni analoghe a quelle dei sacerdoti.

Una Chiesa particolare vivificata dalla consacrazione a Dio

La presenza e la testimonianza di consacrati al servizio e per il servizio nella Chiesa particolare, rende prezioso il loro contributo alla diffusione tra sacerdoti diocesani, diaconi e laici, della consacrazione speciale con i voti nelle mani del Vescovo.
Il profondo legame tra il ministero del Vescovo e le diverse forme di consacrazione, riscoperto dal Concilio, apre alla Chiesa particolare nuove possibilità di crescita e di arricchimento, verso cui si orienta appunto anche l’impegno vocazionale e ministeriale dei “Servi della Chiesa”, “chiamati ad essere animatori della diffusione della consacrazione a Dio nel mondo, anche al di fuori della famiglia dell’Istituto, così da contribuire al rinnovamento della vita ecclesiale” (art. 4).

Servizi

Il servizio che i “Servi della Chiesa” sono chiamati a prestare alla Chiesa e ai poveri si concretizza in forme e modalità varie, decise caso per caso, secondo le “esigenze della Chiesa e del Regno di Dio, nell’obbedienza alla Gerarchia” (art. 5).
Perciò l’Istituto, oltre ad offrire una formazione specifica perché ciascuno viva fedelmente la propria vocazione e missione nell’ambito professionale, familiare, sociale, ecclesiale, ha dato anche vita, e sta tuttora sostenendo, alcuni servizi a favore dei più deboli e abbandonati. Non intende, però, farne delle “opere proprie” o delle “proprietà riservate”; piuttosto desidera che la Chiesa, soprattutto quella locale, se ne faccia carico, “perché i poveri sono anzitutto suoi figli” (art. 40).

Sinti in un "campo-sosta", a Reggio Emilia

Sinti in un "campo-sosta", a Reggio Emilia, negli anni '40

Per tenere in vita e per animare alcuni di questi servizi, fin che le esigenze degli ultimi e la Chiesa lo richiederanno, è domandata ai Servi e alle Serve una generosa disponibilità a prestarsi, anche a “spostarsi”, per evenienze particolari, destinate ad essere, comunque, eccezionali. Abituale e normale sarà invece la volontà di ogni consacrato/a di fare della propria casa una casa di accoglienza e di servizio, come quella di Betania, e della propria persona una “persona-ponte”, come quella di Gesù.

Colui che ha bisogno di essere servito, cioè il povero, lo zingaro, lo scarcerato, l’emarginato — quello che puzza e che tutti respingono sulla porta di casa — non deve “chiedere il permesso” e “pulirsi i piedi” per entrare in casa nostra, ma è sempre a casa sua, la casa di Gesù che sta con i pubblicani e con i peccatori sotto lo sguardo sdegnato degli scribi e dei farisei (cfr. Lc 15,2).

don Alberto Altana

Diaconia della pace

“Noi cristiani siamo chiamati ad essere come le sentinelle della pace nei luoghi in cui viviamo e lavoriamo. Ci è chiesto cioè di vigilare, affinché le coscienze non cedano alla tentazione dell’egoismo, della menzogna, della violenza” (Giovanni Paolo II, 23 febbraio 2003).

Don Dino e Giorgio La Pira a Scandicci (Firenze)

Don Dino e Giorgio La Pira a Scandicci (Firenze), in occasione del battesimo della figlia di una coppia di circensi.

L’impegno per la pace, la giustizia e la riconciliazione, vissuto sempre più in contesti di conflittualità, anche familiare ed ecclesiale, e di ingiustizia sociale (cfr. Documento del Capitolo dell’Istituto, 2001, Duc in altum, 3.4), porta necessariamente i Servi della Chiesa ad una impegnativa permanente “diaconia della pace”. Se la Pace è il primo dono del Signore Risorto alla sua Chiesa, è anche implicitamente il primo servizio affidato a chi è chiamato al servizio della Chiesa. Impossibile eludere questa provocazione: “volgete i vostri occhi e il vostro cuore a quei poveri crocifissi, sofferenti, alcuni di fame e miseria, altri di oppressione e repressione, e chiedetevi: che cosa ho fatto per crocifiggerli? Che cosa faccio per tirarli giù dalla croce? Che cosa devo fare perché questo popolo risusciti?” (p. Ignacio Ellacurìa, SJ, martire).
Ed è vero: “la pace ha bisogno di forti operatori di pace, ma non si creda che il quotidiano sia meno impegnativo di quanto viene ritenuto eccezionale” (Card. Nguyen Van Thuan).
Oltre alla ricchezza delle relazioni umane quotidiane, i Servi e le Serve valorizzano la preghiera eucaristica quotidiana: in ogni Messa, dal Padre nostro all’Agnello di Dio, chiedono con la Chiesa sette volte il dono della Pace!
Grande importanza avrà per loro anche il digiuno, come forma di libertà dalle cose e come mezzo di purificazione per la pace: “il digiuno è espressione di penitenza per l’odio e la violenza che inquinano i rapporti umani”. (Giovanni Paolo II, 23 febbraio 2003).

La povertà, se “vissuta con Gesù e in Gesù”, porta a fare con i più poveri un cammino di liberazione e di salvezza (Cost. art. 40) spirituale ed eterna come obiettivo finale, morale e sociale come obiettivo temporaneo (cfr. don Altana, “Traccia” pag. 21).
Le Costituzioni chiedono inoltre ai Servi, come individui e come Famiglia, l’impegno di promozione della giustizia (art. 26) e di libertà da “qualunque legame, anche a fin di bene, con i centri di potere” (art. 18). Tali richieste di principio hanno diverse applicazioni concrete: dall’uso etico e solidale del denaro (evitando sempre ogni accumulo di risparmi), alla vigilanza sulle azioni e transazioni delle banche (cui affidano gli eventuali risparmi personali, familiari, parrocchiali), dalla promozione del commercio equo e del turismo responsabile, al consumo sobrio e critico dei beni materiali (anche alimentari), dal rispetto dell’ambiente, della natura e delle sue risorse (a partire dall’acqua), all’educazione ai valori della non-violenza, della salvaguardia del creato, della fruizione dei beni collettivi e pubblici più economici e rispettosi dell’ambiente, della convivialità tra le differenze etniche, culturali, religiose, e all’informazione alternativa per una crescita umana più personale e sapiente, meno massificata e telecomandata…

Tutto ciò può mettere i Servi e le Serve della Chiesa in una situazione delicata all’interno della società, della Chiesa stessa, del presbiterio e perfino di fronte all’Autorità ecclesiastica. Occorrerà stare a lungo davanti al Signore per sapere come agire in mezzo agli uomini, per trovare la via dell’obbedienza insieme a quella della profezia, per restare in cammino e in comunione, con lo sguardo proteso in avanti… verso Gerusalemme.