Avrei voluto poter fare come ha fatto don Alberto Altana, mia guida e mio esempio nella sequela di Gesù, il quale nel declinare della sua salute aveva confidato a don Daniele Simonazzi: “Dopo la mia morte, non cercate il mio testamento, perché il mio testamento è il VANGELO”.
Ma ugualmente voglio lasciare a quanti mi hanno conosciuto e amato questi ricordi: sono stato ricolmato dalla Grazia e dall’Amore di Gesù e dalla nostra Madre Maria, in ogni istante della mia vita e questo mi ha permesso di vivere sempre in una grande GIOIA!
I primi 18 anni in casa con i miei genitori che hanno vissuto da veri cristiani e che hanno trasmesso a noi figli l’amore a Dio, a Gesù, alla Madonna e ai poveri.
Negli anni del Seminario ad Albinea (dal 1947 al 1951) qualcosa si stava muovendo nella chiesa… e questo mi ha portato, nel 1951, a entrare nei Servi della Chiesa che hanno dato una svolta definitiva alla mia vita. E questo lo devo a don Dino e a don Alberto. Da loro ho avuto l’impronta a obbedire sempre al mio Vescovo e alla chiesa e a cercare i poveri sempre e ovunque, fino ad oggi, ad amare tutti e a essere riamato da tutti.
Poi, i primi quattro anni di sacerdozio divisi tra il Collegio S. Giuseppe di Guastalla e la parrocchia di Ventoso e Ca’ de’ Caroli. Con i parrocchiani per la prima volta ho imparato cosa significhi essere Padre e Fratello maggiore. Infine, i 16 anni a Ventoso e Ca’ de’ Caroli: nel ’67 l’obbedienza al Vescovo Mons. Baroni e ai Responsabili dei Servi mi ha portato per 24 anni in Madagascar come sacerdote Fidei Donum assieme alle Suore delle Case della Carità (e Suor Margherita è ancora là da 40 anni!), in cui ho vissuto giorni di grande fatica ma di inenarrabile gioia, quando constatavo giorno per giorno cosa voleva dire essere prete, padre e guida di tantissime persone che ho amato profondamente e che mi hanno riamato.
Tornato a Reggio nel 1991, per 10 anni, ho potuto dedicarmi ai miei fratelli Servi e Serve, che ho cercato di guidare nella risposta generosa e costante a essere fedeli alla nostra missione specifica e totalmente dedicati ai più poveri, abbandonati e disperati.
Dal 2002 sono qui a Masone, a continuare l’opera del def. Don Ettore Maseroli, mio carissimo amico di Seminario e mio vicino di Parrocchia per 16 anni (lui era Parroco a Iano).
Ed ora posso constatare che la mia vita intera, fino ad oggi, è stata una gioia continua.
É certo che a Ca’ de’ Caroli, nei primi anni, avrò avuto che mi contrastava (erano gli anni della guerra fredda) ma posso dirvi che, allora come oggi, non mi ricordo di nessuno che mi abbia odiato, offeso, osteggiato, mentre invece sono stato amato e aiutato da tantissime persone, in tutte le tappe dell’ormai lunga vita. E io non mi ricordo di avere odiato o invidiato nessuno, anche se il mio carattere irruente e primario ha certamente fatto soffrire qualcuno e di questo me ne pento sinceramente.
Dall’età di vent’anni, quando ero in Seminario, ho avuto la certezza che, se si ama il Signore Gesù e la Madonna, non si può attendere altro, non si può desiderare o cercare altro, né cose né persone, perché abbiamo già tutto fin da ora.
Al Convegno di Verona si è parlato di “Gesù speranza del mondo”. Se si intende che Gesù deve essere “la speranza” per chi ancora non crede in Lui, va bene, ma da molto anni io non ho speranza, perché la speranza è qualcosa che si attende, ma che ancora non si ha. Io non spero più in niente perché la Trinità, Gesù e la Madonna li ho già, vivono in me e per me. Cosa devo sperare? Solo la Risurrezione finale e il Paradiso.
É per questo che da tanti anni non ho mai avuto paura della MORTE. Per me, la morte è solo un “velo che cade”, “un passare all’altra riva”. Ma nell’altra riva si arriva al Paradiso. Cosa posso desiderare o attendermi di più grande e bello del Paradiso?
Col passare degli anni, specie in questi ultimi tempi, una cosa sola, ogni tanto, mi dà pensiero… Gesù ha detto chiaramente: “chi vuole essere mio discepolo prenda ogni giorno la sua Croce e mi segua“. Io invece, dalla giovinezza a oggi, non ho MAI portato la mia Croce, perché non ho mai sofferto. Sofferenze fisiche sì, con ricoveri frequenti in questi ultimi tempi e tre volte in sala di rianimazione, ma queste non sono CROCI nel senso inteso da Gesù. Si tribola un po’ per qualche giorno, ma poi tutto passa. Non ho mai avuto incubi e angosce, e da nessuna persona (nemmeno ai tempi di Ventoso e Ca’ de’ Caroli) ho il ricordo di gente che mi abbia odiato o fatto del male.
Quando comincerò quindi a portare la mia piccola Croce accanto a quella grande di Gesù, per seguirlo ogni giorno fino alla morte?
Di fronte alle ingiustizie, alle violenze, alle sofferenze sopportate da miliardi di persone nel mondo, ho vergogna di dover constatare che invece la mia vita è stata così diversa, così felice nelle braccia della Santa Trinità, di Gesù e della Madonna.
Con questo testamento intendo affermare che sono e voglio esserlo fino alla mia morte, pronto ad accettare qualsiasi prova fisica o morale che Dio voglia mandarmi, sicuro che lo Spirito Santo mi sosterrà fino alla fine “Colui che attesta queste cose dice: ‘Sì, verrò presto!’. Amen. Vieni, Signore Gesù” (Ap 22, 20).
Masone, 2 agosto 2007