Il senso di questa festa la recuperiamo dalle parole di don Dino, nostro padre, che ci incoraggiano a credere che l’Istituto è opera di Dio.
Leggiamo di nuovo il suo testo e ascoltiamo la sua fede che ci interpella e chi chiama. Leggiamo con attenzione ed amore il testo riportato sotto.
Partendo da questo momento di fede importante di don Dino, vorrei condividere con voi, insieme a don Emanuele, quattro meditazioni che verranno pubblicate sul canale YouTube Masone20.
Prima meditazione
Seconda meditazione
Terza meditazione
Quarta meditazione
Per vivere in pienezza questa giornata siamo invitati a trovare un momento di fraternità e di preghiera con i fratelli dell’Istituto e fare festa insieme ai poveri facendo conoscere loro questo incontro di don Dino con Gesù.
Venerdì 15 maggio 2020,
Don Stefano
Il Sacro Cuore di Gesù “con chiari segni e chiare parole” appare a Don Dino: 25 giugno 1975
Da “Don Dino… lo ricordo così ” di don Mario Pini.
Il 16 agosto 1974 don Mario Pini, Don Dino Torreggiani, Don Piergiorgio Gazziero e Don Paolo Morelli mentre si recavano a Marola per gli esercizi spirituali dell’Istituto dei Servi ebbero un incidente in cui rimasero però tutti illesi tranne don Dino che riportò le ferite più gravi.
Ne ebbe per molto tempo, fra Castelnuovo Monti e Reggio, fece 11 mesi di ospedale. In verità era stato dimesso dal Santa Maria Nuova di Reggio nella settimana santa del ‘75, ma ebbe la sfortuna di inciampare e cadere davanti all’ospedale e di guastare tutti i risultati ottenuti. Era il venerdì santo. Fu riaccompagnato in corsia e vi rimase fino ad estate inoltrata.
Noi abbiamo accolto con sommo dispiacere la notizia di questa ricaduta. Certamente anche per don Dino è stato uno dei suoi tanti crepacuori che però non gli toglievano la pace interiore. Ritornò nel suo letto ed attese che quel calvario potesse terminare.
Undici anni dopo, venne diffusa una notizia che ci assicura che le sue sofferenze fisiche, e le sue ambasce interiori ebbero in quei giorni un consolatore del tutto straordinario.
Omissis
Monsignor Zelindo Pellati mi consegnò una busta chiusa che gli era stata consegnata dal nostro, con preghiera di aprirla solo dopo la sua morte.
Lo scritto in lingua latina, senza firma, ma con la calligrafia inconfondibile di Don Dino racconta un episodio eccezionale. Questo accadde il 25 giugno 1975, Anno Santo, nel mese dedicato al Sacro Cuore di Gesù, durante la santa messa da lui celebrata in camera, nell’Arcispedale Santa Maria Nuova dove era degente. Per la sua eccezionale importanza questo documento, da me subito consegnato a Don Ambrogio perché fosse gelosamente custodito, è stato pubblicato sul Vincolo per ben due volte: nell’ottobre del 1986 e nel dicembre del 1995. Purtroppo l’originale è stato ritoccato per una correzione grammaticale di alcune parole, ma è sostanzialmente intatto.
Omissis
In lingua italiana ecco il testo nella traduzione letterale:
“Il giorno 25 del mese di giugno, nello ospedale Santa Maria Nuova della città di Reggio, dopo l’assunzione del sacratissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, con chiara voce e certissimi segni, il Signore Gesù mi ha parlato promettendo che mi avrebbe concesso tutto quello che gli avessi a chiedere per mezzo di Maria Madre della Chiesa per il bene dell’Istituto dei Servi della Chiesa: ed io domandai non solo quelle cose che sono per il bene dell’Istituto minimo dei Servi della Chiesa ma tutte quelle cose che sono per il bene della Santa Chiesa in questi tristissimi tempi. Per questa promessa del sacratissimo cuore di Gesù, questo giorno è come il giorno della nuova istituzione dell’Istituto. La voce di Maria è come la mia, la richiesta di Maria è la nostra richiesta a Gesù. Per rinnovare l’istituto è necessaria la sola fermissima fede in questa promessa del Sacratissimo Cuore di Gesù. L’unica nostra certezza: Maria e questo non per una pia esortazione e in ragione della devozione mariana, ma per la particolare affermazione del Sacratissimo Cuore.
Questa promessa deve essere da tutti affermata e da tutti fermamente creduta: questa promessa è come la pietra sicura sulla quale nuovamente l’istituto è fondato”.
Ho sempre ammirato il pudore da Lui tenuto nel rivelarci un fatto così straordinario solo dopo la sua morte. Non ha voluto firmarlo ed ha usato, sia pure a fatica, la bella lingua della Chiesa che da autorevolezza e sacralità a questa sua grande esperienza personale di Dio Figlio. La sua calligrafia è inconfondibile.