Carissimi,
vi scrivo da Masone, bloccato in casa come lo sarete voi tutti, nel rispetto delle misure adottate dal Governo Italiano per contrastare la diffusione del “coronavirus”: comportamenti richiesti in questa fase di emergenza in vista della tutela della salute e quindi del bene della nostra gente, ma che ci portano anche a considerare di come queste incidono sulla vita nostra, delle comunità cristiane e dei singoli fedeli.
Prima di tutto l’emergenza che viviamo deve essere occasione per riflettere sulla precarietà e sulla fragilità della vita umana: ci troviamo nella povertà’ del rischio grande per la salute nostra e di quella degli altri.
Ho costatato quello che il Vangelo ci dice: state pronti!!!
Questa Quaresima è proprio un grande invito per i consacrati non solo, ma per tutti i cristiani a stare pronti… solo la parola di Dio rimane, tutto il resto può cambiare in ogni momento… “Cambia la scena di questo mondo”.
A voi personalmente, come consacrati, vorrei dire che vi sono vicino in questo momento in cui ci vengono tolti molti degli ambiti liturgici e pastorali che ci vedono attivi e riempiono le nostre giornate. Cerchiamo di valorizzare il tempo che ora ci si presenta “vuoto”, rispetto alla nostra normale agenda, così piena di impegni.
Mi piace pensare che questo tempo lo si possa pensare donato alla nostra vita interiore, colmi di preghiera, di lettura della Parola di Dio, di meditazione, di ore di Adorazione: insomma di tutto quello che siamo soliti dire che vorremmo fare e che la dedizione alla nostra gente ci impedisce di fare.
Un altro aspetto incredibile di questa Quaresima è la chiusura delle chiese in tanti paesi del mondo e l’impossibilità di ricevere i sacramenti. Un fatto nuovo che ci ricorda non solo che i giorni sono contati ma anche che i doni e le grazie di Dio trasmesse attraverso la Chiesa sono contati nel tempo.
Questa “povertà” è stata vissuta e testimoniata per tanti anni in Albania, dove dal 1945 al 1990 nessuno poteva ricevere i Sacramenti o visitare la Chiesa o il cimitero.
Ora, il trovarci nella loro stessa situazione di un tempo passato, anche se per noi speriamo momentaneo, possiamo comprendere la sofferenza del “vuoto” di vita sacramentale durato per loro tutta una vita.
Il tutto va vissuto, pur nella sofferenza delle privazioni come un atto di carità, frutto proprio di quella Eucarestia che non possiamo celebrare con il nostro popolo, ma privatamente sì, nella forma della “Messa senza il popolo”, per i nostri fedeli, chiedendo loro di unirsi a noi spiritualmente.
La zona dell’Italia settentrionale e altre zone, ora, vivono una grande “povertà” nella impossibilità di muoversi dopo 75 anni di piena libertà e di progresso, di emancipazione e di possibilità quasi illimitate… oggi le persone provenienti dalle nostre terre vengono fatte rientrare da tutto il mondo o tenute in quarantena.
Purtroppo temiamo di non potere quest’anno partecipare ai diversi momenti dell’Istituto ma neppure di poterli organizzare: vedremo comunque il come assicurare il nostro cammino in comune.
E’ un dato positivo e motivo di grande speranza il vedere nascere oggi, grazie a Dio, gesti e segni di fratellanza e di eroicità inaspettata e confortante nel servizio ai malati negli ospedali ma anche verso coloro che vivono in grande precarietà.
In un video proposto da giovani, gli stessi dicono che qui in Europa la loro corsa era troppo “furiosa” e nessuno riusciva più a fermare. Adesso si riscoprono le piccole e grandi cose…
In tutto il mondo si prega e si fa pregare.
Il Papa ci invita a credere nella preghiera e nei doni che la Chiesa ci offre per poter chiedere a Dio di essere, dove siamo, segni di Lui stesso, che rimane e vuole rimanere vicino ai poveri e sconosciuti in difficoltà che ci potranno essere a livello sociale. Per intercessione di don Dino il Signore vi benedica e vi protegga tutti, faccia di noi un cuore solo e uniti a Gesù ci dia di affrontare le vicende dolorose della vita con fede sicura partecipando alle gioie e dolori dei fratelli.
Da ultimo, auspico che questi giorni debbano non isolarci, ma creare forme nuove e più fraterni di legami tra noi. Si tratta di valorizzare i mezzi di comunicazione come strumenti di comunione. C’è molto di buono da far circolare, tra noi: la parola di Dio anzitutto, il magistero del Santo Padre, letture buone che possiamo avere incrociato, anche le buone parole nostre di esortazione ed edificazione.
Ricordo alla vostra preghiera don Pietro Cecchelani, servo della Chiesa, chiamato da Dio pochi giorni fa. Era stato parroco a Roma e missionario in Brasile. Il Signore lo accolga in cielo come servo buono e fedele. Oggi il Signore ha chiamato anche la Zaira che ha vissuto tanti anni con la mamma di don Daniele e conosciuta da tanti. Aveva raggiunto l’età di 100 anni. Che il Signore la accolga nella sua pace.
Con loro ricordiamo le migliaia di vittime del “coronavirus” e facciamo nostra la supplica accorata di Papa Francesco: “Dio aiutaci: non lasciarci in balìa della tempesta!”
Che la Pasqua di risurrezione ci dia la gioia della pace e del ritornare ancora a cantare nelle strade l’amore del Signore.
Un grande abbraccio e una benedizione a tutti voi e alle vostre famiglie e comunità, ai poveri che incontrate e con i quali camminate.
don Stefano