FRANTUMARE CONFINI

Bambini Sinti in preghiera

La Famiglia dei Servi e delle Serve della Chiesa ha dato inizio, venerdì 2 agosto, agli annuali Esercizi Spirituali presso il Centro di Spiritualità e Cultura di Marola. Quest’anno abbiamo voluto iniziarli dedicando la consueta giornata di formazione ai “Cammini di Chiesa con il popolo dei Sinti e dei Rom, con i circensi e i lunaparkisti”. In questa giornata di scambio, confronto e riflessione ci ha aiutato Daniele Todesco, coordinatore dell’Osservatorio Migranti di Verona e amico di Sinti e Rom.

Ci ha raggiunti da Roma anche don Gianni de Robertis, direttore nazionale della Migrantes e della Pastorale per i Sinti e i Rom.

Todesco ci pone una domanda cruciale nel nostro percorso storico e di vita: quali sono le folgorazioni che abbiamo ricevuto? Cosa succede quando hai un incontro che ti cambia la vita? Basti pensare al primo incontro che don Dino Torreggiani ebbe nel 1931 con il popolo Sinto, una folgorazione che ha dato vita all’Istituto Servi e Serve della Chiesa e che ha aperto in tutta Italia cammini di prossimità e annuncio della Parola con la gente delle carovane, come mai era successo prima di allora.

È la relazione, la folgorazione, quella che ci cambia perché frantuma un confine che abbiamo tutti dentro. In questo incontro viene rotto, dall’una e dall’altra parte, un immaginario collettivo sedimentato nel tempo e formato sostanzialmente da una visione del rom di lupo sociale cioè di collettore di molti misfatti, spesso leggendari, dati dalla percezione di pericolosità e forte diversità che purtroppo gli sono state attribuite nei secoli (vedi le ricerche presentate in “La zingara rapitrice”- S. Tosi Cambini, ed. CISU).

È innegabile che ci sia una distanza ancestrale, essi rappresentano la diversità per eccellenza. Se da un lato questo confine viene frantumato dalla prossimità, dall’altro lato dobbiamo constatare che oggi il mondo politico rinsalda giorno dopo giorno questo muro attraverso i non-pensieri che diffonde, i messaggi populisti e propagandistici che si sostengono sulla necessità di fittizi nemici contro cui emanare decreti, avviare disumani censimenti come quello promosso recentemente dal Ministro della Giustizia. Ovunque ci sia la pretesa di controllo ed ordine assoluti non c’è speranza, questo ce lo dimostra la storia stessa.

Sarebbe importante provare a compiere una progressiva operazione di smantellamento delle categorie di ordine, pulizia e sicurezza in favore di un riconoscimento dell’umanità che non conosce confini dettati dalle etnie o dalle geografie umane. Come ci ha ricordato don Gianni de Robertis, la Chiesa non è “qualcosa d’altro” da questo popolo, è una questione di fedeltà al Cristo.

Non si può restare indifferenti, non si può disconoscere l’umanità, si devono togliere le etichette che vengono messe alle persone, condannandole…e condannando così anche noi stessi.

Occorre riconoscere che nel campo c’è un’umanità che vive, crea, accoglie, tesse relazioni vitali.

Don Daniele Simonazzi ci ricorda che nella necessità di questo incontro non si può prescindere dalla Scrittura, possiamo trovare molte altre motivazioni antropologiche che presto o tardi si esauriranno. Nessuno più dei Sinti e Rom ci parla – attraverso la loro vita – della Scrittura e delle vicende del popolo di Israele, è in questo popolo che la Parola di Dio esalta la misericordia di Dio e ci dice che non c’è infedeltà possibile che non si faccia visitare dalla fedeltà di Dio. La genealogia di Gesù è simile alla genealogia di molti Sinti. Noi che li incontriamo dobbiamo porci questa domanda: a che cosa ci generano i Sinti? Ci andiamo per “conquistare” qualcosa/qualcuno o ci andiamo per conoscere nostro fratello/sorella, nostro padre?

La nostra fede acquista consapevolezza e autenticità nell’incontro con loro, nello stare nella Parola di Dio con loro, nel fare Eucarestia con loro.

Anche Mons. Piergiorgio Saviola, Servo della Chiesa e responsabile della pastorale per i Circhi ed i Lunapark ci ricorda che chi va in campina o sotto il tendone del circo, va per imparare e non per insegnare perché c’è uno scambio vicendevole fatto di rispetto, riconoscimento, stima, affetto.

In un incontro tra fratelli, figli dello stesso Padre, di cui portano scritta nel cuore la Legge del Suo amore. È l’ascolto del grido del povero, del grido di questo popolo, che ci deve spingere a gridare insieme a lui.

Mons. Piergiorgio e don Mirko della Torre ci raccontano il loro cammino insieme alle famiglie del circo e del luna park spesso poco considerate dalle chiese locali nei territori in cui sostano, non ritenendosi responsabili della cura pastorale e sacramentale di queste famiglie che non vengono accolte e valorizzate nel loro cammino di fede fatto di trasmissione di valori religiosi “sulle ginocchia delle mamme” ed un grande senso di sacralità per la vita che si manifesta nei piccoli, negli anziani e nei disabili che rivestono il cuore della comunità.

 

Don Dino diceva “dobbiamo contagiarci di carovanite”. Oggi queste parole profetiche ci fanno pensare all’invito di Papa Francesco ad “essere pastori con l’odore delle pecore”.

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