Convegno su Enzo Bigi

Enzo Bigi, 1913–1976

Enzo Bigi, 1913–1976

E’ stata una mattinata densa e piacevole quella di sabato scorso 15 febbraio 2014, nel salone della parrocchia di Villa Sesso (grazie, don Fortunato!), sul  tema  “Accoglienza oggi”, a ricordo di Enzo Bigi, nel Centenario della nascita.

All’inizio, con qualche immagine a supporto, un breve profilo biografico ha messo in luce, oltre alla radicalità della sua risposta alla vocazione di servo e alla disponibilità per i servizi umanamente meno gratificanti, la sua profonda e alta spiritualità, da vero mistico, figlio spirituale  della piccola Santa Teresa.

 Sono sue queste parole, scritte nell’agosto del ’75 :” Cerco sempre di prendere tutto. Poi cado e mi cade in terra quel tutto. Raccolgo tutto e vado avanti. Ricominciare con fiducia ogni mattina, con abbandono, è la gioia più grande. Trovarsi sempre a proclamare: eterno è il suo Amore per noi ”…  E nel tutto di Bigi, oltre alle sue fragilità e grazie personali, c’era anche tutto il resto, cioè la carne dolorante e misteriosamente viva e feconda del Cristo, presente in ogni persona incontrata, accolta, servita, amata, sopportata.

Il primo intervento specifico sul tema  del Convegno è stato quello di Daniela Casi. Ricollegandosi ai 16 anni vissuti da Enzo tra i ragazzi, agli “Artigianelli”, Daniela ha illustrato l’attuale servizio di accoglienza svolto e proposto dalle Famiglie del Gelso, in collaborazione con il Comune: servizio caratterizzato da quello “spirito del cortile” che coinvolge famiglie e persone di diversa estrazione culturale e religiosa, nel prendere a cuore e farsi carico di particolari situazioni di disagio. Non tutte le famiglie possono accogliere un bambino o una famiglia in difficoltà, ma tutte possono farsi presenti e vicine a chi rischia di essere lasciato  a se stesso. Nessuno può fare tutto, ma tutti possono fare qualcosa…

Brillante e divertente l’intervento di don Gaetano Incerti, amico di Bigi e testimone della sue debolezze (il fumo, certe ostinazioni), come anche della sua povertà e del suo spirito di sacrificio, nei tempi precedenti, concomitanti e successivi alla guerra. Davvero un sant’uomo, Bigi! Santo e…santificatore, per chi era costretto a vivergli accanto. Cosa non sempre facile!…

Il secondo intervento, quello di  Luigi Codeluppi, presidente della Casa albergo comunale “Dimora di Abramo”, ha sottolineato anzitutto che incontrare le povertà altrui porta a fare i conti con le proprie fragilità. Quanto al servizio residenziale della “Dimora”, limitato nei posti (30, di cui 5 riservati a profughi politici), e determinato nel tempo (breve, medio,più lungo),si tratta di servizio multiforme: dall’igiene personale all’accompagnamento nella ricerca abitativa e lavorativa, al sostegno psicologico e sociale per chi è più fragile. Ovviamente la “Dimora” cerca anche di creare consapevolezza e corresponsabilità nella città, in collaborazione con altri servizi  e con altre regioni, superando quell’autoreferenzialità di Reggio, che è una caratteristica negativa di tanti organismi  operativi nel settore dell’accoglienza e della solidarietà…

Gianmarco Marzocchini, della Caritas, ha ribadito brevemente le linee guida condivise con la Chiesa, considerata, come diceva don Prandi, la “bagna”, dove crescono varie realtà di servizio. Ha poi sottolineato come l’impegno della Caritas porti sempre più ad accompagnare le persone nel loro cammino, e non solo a creare servizi, nonché a moltiplicare sul territorio strutture di servizio (per esempio,dormitori), in felice sinergia con le parrocchie, anziché allargarle dal punto di vista del volume e della planimetria…

Suor Ines, delle Case della Carità, ha tratteggiato efficacemente la storia della Casa di San Girolamo, per la quale, anche secondo la bella testimonianza di Corrado Corghi, Bigi ha avuto un ruolo fondamentale.
Inoltre ha sottolineato come dall’epistolario intercorso tra Bigi, suor Maria e don Prandi (ott-nov  ’54) si evinca che il restauro della Chiesa da parte della Confraternita del  SS. Sacramento, insieme al servizio caritativo e liturgico delle Carmelitane minori, mirava a far sì che “il Sacro Monte” con la Scala santa , in San Girolamo, permettesse ai  fedeli  di  fare  un vero pellegrinaggio interiore.  Da Bigi inoltre, e non solo da lui, viene a tutti, anche oggi, l’insegnamento del  lasciarsi “disturbare” da chi è nel bisogno. Il servizio a chi è più povero non deve diventare un mestiere! Quanto alla collaborazione tra Servi/Serve della Chiesa e Case della Carità, più evidente in Madagascar che in Italia, Suor  Ines ha citato una lettera di don Dino, successiva ad alcune divergenze  emerse lungo il cammino, dove sta scritto :”Vale la pena di continuare”…

Essenziale e deciso, nella forma come nei contenuti, l’intervento di Daniele Marchi, operatore dell’Ovile, sul tema delle carceri, dei carcerati e scarcerati. Ha esordito citando don Altana, ricordando che  il padrone del servizio è il bisogno,  e che è bello constatare come  il servizio ai carcerati veda oggi impegnati  l’Ovile e i Servi anche in Madagascar, ad Ambositra,, in un progetto da poco iniziato, con specificità rilevanti sia dal punto di vista ambientale e produttivo per la popolazione che da quello lavorativo per chi ha finito di scontare la pena.

Quanto alla realtà del carcere, considerato  “un vero e proprio crimine legalizzato”, Marchi ha avanzato due proposte . La prima consiste nel cercare/costruire comunità che vogliano e sappiano tirar fuori dal carcere, accogliendolo e accompagnandolo  durante il percorso penale, chi sta scontando la pena, anziché limitarsi a cercare/formare volontari che entrino in carcere per visitare i reclusi.  La seconda consiste nel promuovere leggi e strutture che liberino le persone, offrendo possibilità di un cammino comune a chi ha fatto del male e a chi l’ha subito (le vittime, i loro familiari), un cammino di riconciliazione, il solo veramente profetico e liberante, possibile con politiche, strutture, persone, modalità e mentalità veramente nuove e innovative…

Gli ultimi due interventi hanno riguardato il mondo “zingaro”, i popoli sinto e rom.  Bigi ha lavorato 16 anni, dal ’58 al ’74, a Badia Polesine con i loro bambini e ragazzi, accolti a decine nella “Casa Divina Provvidenza”, dove ancora oggi, in forma diversa, secondo le nuove norme, continua il servizio di scolarizzazione portato avanti dai Servi della Chiesa, in collaborazione con la Diocesi di Rovigo, la Regione e la Migrantes. 

Per Mons Saviola, Servo della Chiesa, da decenni impegnato nel servizio dei Circensi e dello Spettacolo popolare, Bigi è stato, nella sua semplicità, un vero  educatore, da tutti chiamato il maestro, e come tale conosciuto e riconosciuto. Esemplare il suo amore per i ragazzi e le loro famiglie, ammirevole il suo rispetto per la loro cultura. Per “incontrare” davvero i sinti e i rom occorre da parte dei “gagi” (noi, sedentari) un vero cammino di conversione, personale, sociale ed ecclesiale. La stessa idea è stata ribadita e approfondita da don Daniele Simonazzi : i sinti, i rom, i poveri,  sono una ricchezza da accogliere, scoprire e valorizzare. E questo non perché loro non abbiano fragilità o contraddizioni, ma perché tutti ne abbiamo. E tutti siamo stati accolti da Colui che ci ha arricchito con la sua povertà, incarnandosi.  Il problema di fondo non è tanto accogliere, ma farsi accogliere, sapendoci accolti e serviti, per grazia, da Dio stesso, che continua ad incarnarsi nelle nostre e altrui povertà…

Al termine della mattinata, condotta in modo ispirato e stimolante da Elisa Cavandoli, Don Romano Zanni, Delegato Vescovile per la carità e le missioni, ha evidenziato come Bigi sia stato davvero ”un grande della carità”, sostenuto da figure amiche speciali, in tempi non facili (fascismo, guerra , miseria, emigrazione).

La sua e la loro profezia ha fatto di quei tempi “ un tempo di grazia ” per la nostra Chiesa e per la società. Ricordare oggi queste figure, in tempi di crisi e di disorientamento, aiuta a recuperare il senso della carità, della fiducia e della speranza, e  mobilita nuove sinergie al servizio del Regno di Dio e della civiltà dell’Amore.

Don Emanuele Benatti

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